CORSICA DEL NORD 2009
Mi trovo in tenda, steso sulla sabbia di una minuscola baia immersa nel Désert des Agriates, poche centinaia di metri a est dalla spiaggia di Loto, nella Corsica del Nord. Il posto è incantevole, a dir poco. Non fosse per l'invasione di zanzare, sarebbe un paradiso. Fuori dalla tenda, posso udire solo il mare che schiumeggia pochi passi di fronte a me. Attorno, per centinaia di metri, non c'è nessuno, a parte Gianluca che riposa nella tenda accanto. Siamo alla terza notte consecutiva in bivacco. Ma questa è la migliore. La migliore in assoluto che abbia mai provato in una tenda. Nemmeno ci si potrebbe accampare, qui. Domani mattina ci sveglieremo all'alba. Come prima cosa, farò un bagno nell'acqua della baia. Poi godrò di questa solitudine, senza alcun turista, alcun rumore. Siamo soli in mezzo alla natura, ed è fantastico.
3 - 10 Luglio 2009: un anello nella Corsica del nord, da Bastia a Bastia per trekking e strade meravigliose. Sette giorni di fatica, paesaggi incantevoli, sensazioni indimenticabili. In moto, a piedi, in battello.
Primo giorno: da Perugia a Tollare.

E' il 3 Luglio 2009, sono le 4:20 del mattino. Partiamo da Perugia col bagaglio caricato sulle moto. Precario il mio. Più sicuro quello di Gianluca. A un osservatore occasionale balzerebbe agli occhi l'asta dell'ombrellone infilato di traverso appena sotto al bauletto della BMW di Gianluca. Un osservatore più attento noterebbe anche le pinne, il boccaglio, l'attrezzatura da montagna. Nessuno dei due si stupirebbe, visto l'orario. Penserebbero solamente di aver dormito troppo poco.
Arriviamo a Livorno alle 6:45, dopo un viaggio che definirei quanto meno freschino. Partenza del traghetto, ore 8:15. Arrivo a Bastia, 12:30. Lungo il tragitto, il tempo per pianificare la prima meta, fare colazione col panino con la frittata e riposare un po'. Una volta a Bastia, di nuovo in sella, su per la panoramica Route de la Corniche, fino a imboccare nuovamente la costiera D80, che ci condurrà nella città di Macinaggio, all'estremo oriente del "dito" della Corsica. E' lì che lasciamo la mia Hornet per caricare pesantemente (ancora di più?!?) la due ruote di Gianluca. Via in due per la piacevolissima strada che ci conduce a Centuri Port, all'estremo occidente del "dito". Caschi nello zaino, pinne e boccaglio, scarponici. E' da qui che parte il nostro primo trekking còrso, che attraverso il Sentier de Douanier, percorso in tempi andati dai doganieri genovesi per controllare le coste còrse, ci porterà di nuovo alla mia moto parcheggiata a Macinaggio. Sono le 15:30 quando ci avviamo lungo la costa. Il termine del trekking è previsto per il giorno successivo.
Bastano pochi minuti per farci capire che non sarà semplice. Il caldo soffocante e la mancanza quasi totale di ombra mi sarà fatale dopo un'oretta di cammino. Sono costretto a fermare Gianluca per un riposo a terra praticamente al di sotto di un cespuglio, unica zona d'ombra nel raggio di molti metri. Risvegliato da una lucertola che allegramente passeggiava sul mio petto, ci incamminiamo nuovamente intorno alle 17:30, quando un po' di vento aiuta la faticosa percorrenza lungo la costa. Tuttavia basta poco per perdersi, e sul far della sera ci ritroviamo nel mezzo di un pendio infestato dai rovi, tanto che si inizia a ragionare di piantare la tenda sul posto. Il problema è l'acqua che scarseggia, anzi direi che manca proprio. Dopo qualche peripezia, però, e dopo aver visto Gianluca essere inghiottito da un cespuglio che si riteneva più basso (caduta provvidenziale, tuttavia, in quanto sembra aver riparato il suo obiettivo difettoso...) riusciamo a intravedere una traccia di sentiero più avanti. La raggiungiamo non senza difficoltà.
Una volta sul sentiero, con lo spirito rinnovato, ci lanciamo in avanti a passo spedito con la speranza di raggiungere prima dell'oscurità il paesino di Tollare, all'incirca a metà percorso. Là troveremo l'acqua di cui ormai siamo privi. Non fosse per questo, ci saremmo fermati nei prati deserti al di sotto di un bel faro bianco che costeggiamo poco lontano, oppure in una piccola baia che incontriamo poco dopo. Ancora un saliscendi, e sotto di noi ammiriamo le luci di Tollare, che si accendono proprio in quegli istanti. Una volta arrivati, troviamo un bel paesino molto (troppo) tranquillo, una specie di baretto sulla spiaggia semi deserto e molte zanzare. Tanta acqua, un gelato e un panino caldo con mozzarella e pomodoro segnano gli ultimi momenti di una lunga giornata, che si chiude in tenda sopra allo scalcinato campo da calcio di Tollare. Fuori il mare e la notte, che ci regalerà all'indomani una piacevole alba.

Secondo giorno: da Tollare a Macinaggio.

Una barca a vela in lontananza attraversa la luce infuocata del primo sole còrso. E' la prima immagine che si apre di fronte a noi, appena usciti dalla tenda.
Eccolo lì, il sentiero. Prosegue accanto alla spiaggia, rossa per la luce del primo mattino. Attraverso un bosco dagli strani tronchi, conduce a due meravigliose cale deserte, con acqua cristallina, sormontate da verdi prati e nuda roccia. Vorremmo fermarci per goderne la bellezza delle acque, ma è troppo lontano dalla nostra meta odierna, dovremo "ammarare" più avanti. Il tratto di costa che attraversiamo è molto suggestivo, più pittoresco rispetto a quello del giorno precedente. Ci svela due belle torri di guardia, una visitabile. Poi giungiamo a Cala Genovese, dove adagiati su uno dei numerosi scogli riposiamo durante le ore più calde della giornata, godendo dei fondali marini e di una piacevole brezza che una giornata velata ci sta offrendo. Ripartiamo nel pomeriggio, e in poco tempo giungiamo finalmente a Macinaggio, dove il suolo del campeggio "Lu Stazzu" ospiterà i nostri picchetti, per questa notte.
Uno scorcio suggestivo lungo il tragitto che da Tollare porta a Macinaggio.
La serata procede tranquilla, Macinaggio è ricco di ristoranti, e uno di questi, lungo il porto, mi servirà delle deliziose moules frites (cozze e patatine fritte), tra gli altri tipici piatti locali.

Terzo giorno: da Macinaggio a la Plage de Loto.

Al mattino di buon ora, dopo un'onesta colazione al campeggio, carichiamo tutti i bagagli sulla mia hornet e in due ci avviamo nuovamente verso Centuri Port, per riprendere la BMW lasciata due giorni prima. Da lì, puntiamo direttamente a Saint Florent, per lasciare il "dito" e avventurarci lungo il sentiero che attraversando il Désert des Agriates ci porterà alla famosa Plage de Saleccia. Una deviazione in moto verso metà strada ci regala delle spettacolari viste dall'alto della costa, oltre a una incredibile serie di piacevolissime curve. La strada è molto stretta ma l'atmosfera è spettacolare e siamo praticamente soli nel percorrerla. Il simpatico incontro con delle specie di capre locali ci consente di riposare le membra, fino alla ripartenza verso Saint Florent. Il tempo di acquistare le calorie necessarie al market e di consumarne un po' all'ombra degli alberelli che circondano il porto, poi ci dirigiamo in moto su di una strada sterrata e molto polverosa, che termina in un piccolo parcheggio dove è l'accesso al sentiero costiero del Désert des Agriates. Se percorso nella sua interezza, conduce fino a Ostriconi, ma sono necessari tre giorni di marcia. Decidiamo quindi di spingerci fino alla Plage de Saleccia, pernottare nei dintorni e tornare all'indomani.
Il sentiero prende via in modo molto scorrevole, pianeggiante e a tratti spettacolare per gli scorci sulla costa. A questo ritmo dovremmo essere alla Saleccia prima che faccia buio, in modo da poterci rilassare e magari fare un bagno serale in solitudine. L'imprevisto però è dietro l'angolo, anche quando progettiamo qualcosa di semplice e lineare... la guida ci avverte del fatto che si dovranno attraversare le foci di due fiumi. Tuttavia, l'attraversamento è reso banale da banchi di alghe secche che di fatto collegano le due estremità dei fiumi. Potete osservare la banalità della traversata nella foto successiva:
D'un tratto, ci troviamo davanti la larga foce di un fiume. Va attraversata, o bisogna tornarsi. Non sia mai: i pigri marinai dalle loro imbarcazioni motorizzate dovranno assistere a passaggi su roccia, denudazione del narrante e del compagno di viaggio, ricerca spasmodica del tragitto per il guado, attraversamento con zaino sospeso e relativo successo!!!
Il contrattempo è fatale per la nostra tabella di marcia. Ciò nonostante, pochi metri più avanti, troviamo il tempo di riprendere con la macchina fotografica la Tour de Mortella, invincibile bastione divenuto famoso per aver resistito a feroci attacchi via mare.
La Tour de Mortella sul far della sera, ripresa da una caletta sassosa poco distante.
E' all'imbrunire che giungiamo alla Plage de Loto. Un folto gruppetto di campeggiatori (abusivi), rumoreggia al centro dell'ampia spiaggia. Mentre si confabula per decidere sul da farsi (dormiamo qui oppure cerchiamo la calma in una piccola spiaggia che abbiamo incontrato dieci minuti prima?) si trova il tempo di scattare due foto, poi si riparte alla volta della spiaggetta, incantevole paradiso bagnato da acque cristalline.
Scorcio della semi-deserta Plage de Loto, al tramonto.
Qui è il paradiso, ma lo è per gli umani come per le zanzare. Durante il tempo per consumare la cena, una decina di minuti, riceverò qualcosa come quaranta punture dalle simpatiche bestiole. Non ci resta che infilarci in tenda, con una manovra fulminea, per affrontare tranquilli la notte.
La "nostra" piccola spiaggia di sabbia finissima, che ha funto da materasso per la notte...


Quarto giorno: da Plage de Loto a Saint Florent con puntatina alla Saleccia.

Al mattino la piccola baia è deserta come la sera precedente. Sdraiato sulla sabbia al centro della spiaggia, mi scaldo alla tiepida luce del sole. Il mare, di fronte, disegna archi di schiuma. Guardarlo, è come un invito a galleggiare nelle sue acque, che mi bagneranno di lì a poco.
Un tronco malconcio portato dalle acque, riposa appena dietro alla baia, dove il sole tarderà un po' ad arrivare...
L'incanto finisce quando le prime imbarcazioni iniziano ad affollare le acque. Sbarcano copiosi turisti, famiglie e naviganti vari. E' ora di partire, alla volta della Saleccia. Siamo lì verso l'ora di pranzo, che consumiamo all'ombra della bella pineta che precede la spiaggia, di sabbia chiara bagnata da acque turchesi. Poi ci muoviamo alla volta della Plage de Loto, dove una riposante traversata in traghetto ci ricondurrà a Saint Florent. Si presenta il problema di tornare alle moto, distanti dal porto della città. Il caso vuole che Massimiliano, un amico di Gianluca, si trovi proprio in zona... è presto fatto, moto recuperate, cenetta molto gradevole e pernotto su uno dei camping che fioriscono lungo la costa.
Un simpatico geco ci tiene compagnia nel corso della cena... peccato che non potrà divorare tutte le zanzare presenti...


Quinto giorno: da Saint Florent al rifugio di Ortu di u Piobbu.

Il tragitto fino alla Foret de Bonifatu lo facciamo in moto, lungo la strada costiera che porta a Calvi. Una deviazione nell'entroterra ci regala al solito una strada da motociclisti, che percorriamo ben volentieri. Poco prima di Calvi imbocchiamo una valle che salendo ci conduce sino al parcheggio della foresta di Bonifatu. Non è presto, e noi dovremo avventurarci su per la montagna fino a raggiungere la cima del Monte Corona, con i suoi 2144 metri. Al parcheggio siamo a quota 500, e l'idea di farsi 1600 metri di dislivello in quattro ore non aiuta certo lo spirito. Fortunatamente ci pensano i paesaggi a distogliere l'attenzione dalla fatica. Rocce rossastre e spigolose dipingono i pendii delle montagne accanto, contrastando con il verde dei sempreverde che si arrampicano tra le loro insenature. Ma il vero spettacolo lo viviamo nella foresta che si spiega nella valle del fiume Melaghia, che ci regala uno dei più bei sentieri montani che abbia mai percorso. Si procede lentamente, con passo costante, lungo l'ardua salita. Il Monte Corona, per oggi, resterà un miraggio. L'arrivo al rifugio di Ortu di u Piobbu, prima tappa del famoso trekking GR20, che in quindici giorni di cammino attraversa le montagne corse, ci da il sollievo di cui abbiamo bisogno. L'alloggio è su una stanza comune sopra un sopra un soppalco in legno. L'alternativa è piantare una tenda al di fuori del rifugio. Sentiamo la necessità di un materasso, tuttavia, e anche se poi si rivelerà riposante quanto una notte in tenda, optiamo per la "comodità". Ci concediamo anche un gustoso piatto di lenticchie, consumato sulla terrazza del rifugio in compagnia di anziane signore assai arzille che per onorare i loro anni si facevano un giretto di dieci giorni lungo il GR20 :-o
Ci accompagna un tramonto che dipinge tutto attorno un'atmosfera fiabesca...
Il tramonto dalla terrazza del rifugio di Ortu di U Piobbu, disegna la skyline dei monti circostanti
Uno dei cavalli che pascolano in zona, illuminato da una tenua luce, assume la posa di un qualche destriero da film fantasy, con lo sguardo sognante verso valle...
I bivacchi fuori dal rifugio di Ortu di U Piobbu, al tramonto


Sesto giorno: dal Rifugio di Ortu di U Piobbu a Porto, con puntatina alla vetta del Monte Corona.

Al mattino fa freddo, appena svegli e subito fuori dalla porta del Rifugio. La nottata nella stanzetta con altre dieci persone è trascorsa serena per me, meno per Gianluca (sembra che qualche cinghiale nella stanza disturbasse con dei grugniti :-D). Proviamo a riscaldarci con una colazione calda, e ingeriamo calorie per affrontare gli ultimi seicento metri di dislivello che ci porterranno in cima al Monte Corona.
L'aria è spazzata da un vento incessante e forte, tanto che la gestrice del rifugio ci raccomanda prudenza per quando saremo sulla cresta del monte. Imbocchiamo un sentiero nel mezzo di un boschetto che sale ripido e costante. Di prima mattina, una bella prova per il fisico e per lo spirito. Metto su il guscio antivento, perchè inizia a far freddo. E pensare che laggiù, nel golfo di Calvi che si vede da quassù, i turisti si bagnano in acqua per trovare sollievo dal caldo sole di Luglio. Raggiungiamo la Bocca di Tartagine e ci fermiamo per una breve sosta. Poi, su per un pendio roccioso che si farà sempre più impervio, nonché interminabile, raggiungiamo infine l'agognata vetta.
Nella microscopica immagine che vi propongo, il panorama dai sassi del monte Corona. A sinistra la Valle della Tartagine, di fronte a noi la catena del Monte Cinto, il più alto della Corsica, con i suoi 2706 metri. A destra, non inquadrato, era visibile il golfo di Calvi.
Un riposino riparato dal vento da muretti a secco, qualche foto ricordo, un filmino commemorativo e qualche attimo di contemplazione, oltre a un corroborante spuntino, precedono la nostra ridiscesa verso valle, fino alla foresta di Bonifatu, che durerà più di tre ore. Da lì, le nostre moto ci condurranno per strade costiere fino a Porto, nei pressi della quale soggiorneremo finalmente in una piccola pensioncina, su un letto vero!
Nei pressi di Porto ci sono formazioni rocciose dalle forme bizzarre, chiamate "Calanche". Sembrava che una vista eccezionale si avesse al tramonto su queste rocce da una piccola spiaggia poco distante. Risultato: le Calanche per vederle ci voleva il binocolo, però in compenso ne sono usciti attimi di relax e una piacevole foto alla riva pietrosa...


Settimo giorno: da Porto alla Valle della Restonica.

Siamo al penultimo giorno, ma la Corsica del Nord ha ancora sorprese da riservarci. Al mattino un giro in moto lungo la strada delle Calanche ci sembra d'obbligo, poi ci mettiamo in marcia in direzione di Corte, nell'entroterra, nei pressi della quale una splendida valle merita di essere visitata: la Valle della Restonica.
Una roccia nella zona delle Calanche si riflette nello specchietto retrovisore di Gianluca...
La strada fino a Corte è tra le più belle mai viste. Inizialmente s'incunea su per una foresta tra mille tornanti, fino al Col de Verghio, a quota 1479 metri. Poi scende immergendosi in una maestosa valle dai toni rossi spiegandosi su un fianco della gola, lasciando spazio a scenari a dir poco suggestivi. E' la Valle del Niolo, dove ci fermeremo per un pranzo lungo la strada, in un gustoso ristorante il cui pezzo forte sono i formaggi di pastori locali (di cui non ricordo il nome ;-) serviti in una teca di vetro.
Lungo la Valle del Niolo....
.... tra una curva e l'altra.
E' nel mezzo del pomeriggio che arriviamo a Corte, per proseguire diretti alla Valle della Restonica. Lo scenario che ci si propone ci lascia a bocca aperta. Una strada stretta, tanto che due auto avevano grosse difficoltà ad incrociarsi, si arrampica lungo la Valle scavata dal fiume Restonica, che forma tante di quelle cascatelle in poche decine di metri da superare in numero e bellezza tutte quelle viste da me sino ad ora. Nemmeno il pesante afflusso di turisti che si rinfrescano all'ombra dei numerosi alberi o nelle vasche prodotte dalla cascatelle della Restonica sembrano rompere l'incanto del posto. La strada sembra non terminare mai, appare quasi impossibile che quegli scorci così suggestivi si ripetano all'infinito tanto da voler avere ancora dieci giorni da passare unicamente in questo posto. Al termine della strada, e dai suoi fianchi, sono numerosi i sentieri che partono verso laghetti alpini, creste e foreste. Un luogo che dovrà essere esplorato, un giorno...
Ripresi dalla meraviglia, troviamo il tempo di piantare le nostre tende in un campeggio che si allunga vicino al fiume, ben riparato da alberi frondosi. Abbiamo fretta però di avviarci lungo strada, per fotografare quanto di meraviglioso ha questo fiume. E' in questi momenti che rimpiango di non aver portato con me un treppiede... :-(
La prima di una lunga serie di cascate, scusate ma devo metterle tutte, non resisto....
Comincio a capire che avrei dovuto portare un treppiede... ma non mi arrendo, se resto immobile e scatto molte immagini, ho speranza di salvarne qualcuna...
Il fiume offre sempre spunti diversi, saltando tra i sassi si può andare fino al centro, e trovare ulteriori scenari....
Guardo continuamente il display della macchinetta alla ricerca della foto meno mossa. Non appena la trovo, soddisfatto, cambio punto di ripresa, o luogo di scatto...
Mi sono spinto troppo oltre, in un groviglio di scogli resi lisci dall'acqua finisco per scivolare, e nel tentativo di salvare la fotocamera sono costretto a infilare una gamba nell'acqua fredda fino al ginocchio, rimediando una ferita proprio sull'osso dello stinco. Ma va bene così, è tanta la soddisfazione che si torna al campeggio felici, pronti a una cena all'accogliente ristorante del camping...
E' ora di dormire: il gorgheggio del fiume che scorre appena fuori dalla tenda è il giusto compagno prima del sonno.

Ottavo giorno: dalla Valle della Restonica a Perugia.

E' finita, si torna a casa. Il viaggio che ci riporta a Bastia presenta solo un contrattempo: la strada a quattro corsie è chiusa, e la deviazione per stradine secondarie collinari è molto lunga, ma piacevole. Fortunatamente siamo in largo anticipo. Il traghetto ci ricondurrà a Livorno, e da lì a Perugia in un paio d'ore e mezzo di moto.

Come al solito viaggiare con Gianluca, accompagnati dal suo spirito di avventura e dal suo vivere calmo e libero, è stato un piacere che ha reso questi giorni praticamente perfetti. Grazie!!!