PARCO NAZIONALE D'ABRUZZO, LAZIO E MOLISE - IL MONTE AMARO, LA NEVE E I CAMOSCI
7 Dicembre 2008 - Monte Amaro nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise

Ho conosciuto Marco Pantanella (www.paesaggimontani.com) un paio di mesi fa in Abruzzo, in occasione della mia visita per fotografare il bramito del cervo. Mi sono trovato subito in sintonia con lui. Così, quando mi ha scritto dicendo che sarebbe andato sul Monte Amaro a fotografar camosci, ne ho approfittato per aggregarmi, nonostante sapessi che sarebbe stata una faticaccia, soprattutto perchè sarei partito e tornato a Spoleto nello stesso giorno (3,5 ore per andare e altrettante per tornare).
Ho ricevuto la mail il venerdì pomeriggio, e la domenica mattina alle 4:30 ero già in auto per raggiungere il parcheggio della Val Fondillo in Abruzzo alle 8:00. Nonostante la levataccia, non ero stanco. Non vedevo l'ora di ammirare gli splendidi paesaggi del parco con la neve, e l'altrettanto bel manto dei camosci, finalmente, dopo un'attesa di più di sette mesi (la prima volta li avevo visti e fotografati in Giugno), al massimo del suo splendore.
Lungo il passo che conduce da Gioa dei Marsi a Pescasseroli, sono iniziate le prime difficoltà dovute al freddo che ci avrebbero accompagnato tutto il giorno. La strada era ricoperta da nevischio mezzo ghiacciato. Poche vetture lo avevano spazzato, probabilmente aveva nevicato la sera precedente e i mezzi spazzaneve non erano ancora passati.
Ho preso a salire sperando che la sommità del passo fosse vicina, ma mi sbagliavo. Le ruote dell'auto di tanto in tanto pattinavano sulla superficie ghiacciata, specialmente dopo curve strette. Sapevo che non dovevo fermarmi, difficilmente sarei riuscito a ripartire in quelle condizioni, in salita. Attorno a me il paesaggio era incantevole. Un bosco ghiacciato, illuminato dai fari dell'auto e dal chiarore dell'alba, che nel frattempo cominciava a farsi. Di tanto in tanto mi giravo o guardavo nello specchietto perchè la sommità innevata di un monte alle mie spalle, di cui ignoro il nome, cominciava a essere dorata dalla prima luce del sole. Avevo la macchina fotografica nel portabagagli e avrei voluto fermarmi per scattare una foto, ma come ho detto avevo paura di non riuscire a ripartire. Allora ho atteso di svalicare. Appena iniziata la discesa e trovato uno scorcio tra gli alberi che liberasse la vista verso il monte, ho fermato l'auto nella neve (moooolto lentamente ;-) sono sceso e con le mani mezze congelate e 500mm di focale (non avevo voglia di cambiare l'obiettivo montato) ho scattato una foto alla tenue e calda luce che dorava le due cime.
Mi piaceva molto il contrasto cromatico tra la zona illuminata e quella in ombra, oltre alla ripetizione geometrica delle creste che salgono in cima ai monti. Valeva la pena prendere un po' di freddo e scomodare la fotocamera nel bagagliaio, per scattare questa foto... ;-)
Dopo una discesa a dir poco roccambolesca, dove ho finto di dimenticarmi di possedere i freni e affidato tutta la capacità frenante al motore, sono arrivato a Pescasseroli, e di lì al parcheggio della Val Fondillo, vicino a Opi. Ero un po' in anticipo, così sono sceso a piedi verso il fiume dove avevo visto un airone cenerino, e mi sarebbe piaciuto scattargli una foto con la brina e il ghiaccio, ma già si era involato (e ti credo, a star fermo si congelava!). A terra c'erano grosse lastre di ghiaccio. Dopo poco è arrivato Marco (anche lui piuttosto provato da virtuosismi automobilistici) e ci siamo incamminati verso Monte Amaro lungo la Val Fondillo. Lo scenario era come sempre suggestivo, e all'altezza del ponte che porta alla faggeta che cresce sulle coste del Monte, il vapore che saliva dal fiume illuminato dai primi raggi solari forniva una visione da fiaba. Ci siamo fermati a scattare due foto.
Mentre Marco si cimentava con il vapore e l'acqua, mi sono concentrato sulle lunghe ombre che gli alberi lungo il fiume proiettavano sull'erbetta brinata...
Di nuovo in marcia, abbiamo iniziato la salita, che mano a mano si è rivelata più difficile del previsto. Innanzitutto credo che fossi un po' provato dal viaggio e dal freddo, avevo la pressione un po' bassa e salivo inizialmente con qualche difficoltà. Un po' di cioccolata mi ha rimesso in sesto, e siamo giunti nel giro di tre quarti d'ora alla sommità del bosco. Un paio di volte perdendo il sentiero, perchè coperto da uno strato di neve che salendo si faceva sempre più spesso e compatto, anche dentro al bosco.
Quasi usciti dal bosco, eravamo completamente fuori sentiero, lungo un pendio. Il tempo di pensare cosa sarebbe successo se avessimo scivolato, che ho voluto testare personalmente questa evenienza. Ho perso l'equilibrio e sono finito col sedere per terra scivolando a mo' di slittino per una decina di metri, finchè il tronco di un albero abbattuto che avevo puntato con i piedi non ha arrestato la mia corsa. Le conseguenze della caduta sono state solamente un paio di sbucciature sulle dita prive di guanti e una mora sul sedere. L'attrezzatura fotografica fortunatamente era protetta nello zaino imbottito. E' stato più fastidioso risalire i dieci metri, costruendo nella neve semighiacciata dei piccoli scalini a forza di calci con la punta dello scarpone, cosa che avremmo dovuto fare molto spesso di lì in avanti (più Marco che io... :-P). La caduta mi ha insegnato a prestare un'attenzione maggiore, soprattuto più tardi, usciti dal bosco, quando un simile volo lungo il pendio innevato del monte non si sarebbe potuto risolvere con un tronco, visto che il pendio è completamente pulito.
Nel frattempo, i primi camosci avevano iniziato a far capolino dalle rocce sopra di noi. Erano tre. Le loro orme, mischiate probabilmente a quelle di qualche cervo, erano visibili un po' ovunque sul manto nevoso. Era bello immaginarli scorrazzare per il bosco, nel silenzio e nella solitudine. Raggiunta la cresta del monte, l'unico camoscio rimasto visibile, poi rivelatosi un vero e proprio modello, era alle nostre spalle, col sole che lo colpiva lateralmente. L'illuminazione era piuttosto dura, e non era facile scattare senza che l'ungulato avesse parti del corpo in ombra. Dietro di lui, un piatto cielo azzurro non giovava agli scatti. Mano a mano ci siamo avvicinati camminando nella neve fino a quel punto intonsa, fino ad avere sfondi leggermente più movimentati, che includessero anche degli alberi o delle rocce.
Una delle prime immagini scattate al camoscio, in versione leggermente ambientata...
Siamo riusciti ad avvicinarci, a piccoli passi, veramente molto. Il camoscio ci aveva visto, ma non si curava eccessivamente di noi. A un certo punto, addirittura, si è sdraiato sulla neve per godersi un po' del tepore che il sole regalava...
Saremo rimasti una mezz'ora. Ma volevamo arrivare in cima, e trovare il branco più numeroso che solitamente sta nel versante a sud poco sotto la cima stessa. Siamo quindi tornati agli zaini e ci siamo rimessi in marcia. Dopo poco, però, lo scenario di cui godevamo ci ha consigliato di scattare un paio di paesaggi...
Guardando verso Opi, si vede la cresta che stavamo percorrendo per salire alla vetta. Fino a questo punto, non abbiamo trovato grosse difficoltà. I problemi sono sorti successivamente...
La cresta da percorrere verso l'anticima (ebbene no, non è la cima quella...). Essendo impraticabile il tratto lungo il crinale, siamo saliti a mezza costa, sulla destra.
Senza riporre l'attrezzatura, abbiamo proseguito lungo la costa. Marco, di fronte a me, rompeva la neve semi ghiacciata con gli scarponi, costruendo dei piccoli scalini per salire. Io lo imitavo e più spesso mi servivo dei suoi per procedere. Le gambe cominciavano fare piuttosto male, come i polpacci. Guardando a valle, verso il pendio, era meglio non pensare a cosa sarebbe successo in caso di scivolata. Bisognava prestare attenzione. Al primo tratto disponibile, abbiamo quindi riposto l'attrezzatura e preso i bastoncini telescopici, per assicurarci un equilibrio migliore.
Sarebbe stato bello arrivare in cima. Lontani, si vedevano anche le vedette del branco di camosci, che più diffidenti dei precedenti già soffiavano intimandoci l'alt. Avevamo altro a cui pensare.
Giunti alle rocce che si scorgono anche nella foto precedente, abbiamo dovuto arrenderci. La neve era completamente ghiacciata, e romperla con i soli scarponi era improponibile. Inoltre, cominciava a farsi tardi, la discesa non sarebbe stata affatto semplice, e mano a mano che il sole si sarebbe abbassato la neve avrebbe ghiacciato ulteriormente. Ho fatto un rapido controllo in prossimità delle rocce per accertarmi che proseguire era veramente impossibile (pensavamo: vabbè almeno proviamo ad arrivare all'anticima), ma davvero si scivolava e basta. Sembrava non esserci un solo passaggio per proseguire.
Abbiamo iniziato a ridiscendere (non senza qualche difficoltà da parte mia) e giunti in posizioni più comode, abbiamo scattato nuovamente qualche paesaggio con i teleobiettivi montati.
Questa è la foto che preferisco dell'intera escursione. Il bosco ghiacciato che cresce sulle scoscese coste di una montagna di fronte a dove ci trovavamo. Il sole iniziava ad abbassarsi e la luce regalava qualche spunto interessante, come il contrasto tra gli alberi ancora illuminati e la parete rocciosa alle loro spalle, già in ombra.
Altro dettaglio della parete, con una chiazza di alberi illuminati in basso...
Si cominciava a sentire freddo. Mangiato un panino, abbiamo ripreso a scendere ancora, fino al punto in cui avevamo incontrato e fotografato il primo camoscio. Era ancora lì, spostato di poco, abbarbicato lungo la roccia scoscesa, a brucare i pochi ciuffi d'erba che fuoriuscivano dalla neve. Da buoni fotografi, infreddoliti ma vogliosi, abbiamo di nuovo piantato tutto a terra, estratto nuovamente l'attrezzatura e ripreso a fotografare, avvicinandoci, salendo su qualche roccia, scalando qualche pendio... un'altra mezz'oretta buona. Eccovi una sfilza di immagini che lo riprendono in varie pose, e vi risparmio tutte quelle col cielo come sfondo, che non mi gustano troppo (anche perchè dovevo fare i salti mortali sulla neve per evitarlo...)
Ritrattino classico di camoscio...
Il nostro amico "Gighen" si fuma un filetto d'erba...
La luce si fa sempre migliore. Ora è calda e molto bassa. Le ombre non sono più fortissime, e anche se il corpo è in ombra si fotografa agevolmente...
E' il caso di fare anche un paio di ritratti. E' piacevole osservarlo mentre bruca pacioso, nel suo ambiente. Questa foto mi sarebbe piaciuta molto, se non fosse stato per lo sfondo blu, dovuto al colore della montagna in ombra dall'altra parte della valle.
Qui finalmente si era spazientito e mi stava caricando... :-D
Scherzo: proprio mentre stavo facendogli qualche ritratto ravvicinato, ha deciso di darsi una bella scrollata e ne sono nati scatti interessanti!
Avevamo esaurito le risorse. Ripreso il nostro modello da ogni angolazione. Potevamo anche andare. Avevo montato e smontato il moltiplicatore già due o tre volte. Mi ero ritrovato a fotografare steso sulla neve, per metterlo tutto nel fotogramma. Davvero iniziava a far freddo, anche se poi nel bosco, riparati, già non si sentiva più. E' stato sufficiente non guardarlo mentre ci allontanavamo, per non farci venire altre voglie... ;-)
Nel bosco, lungo il sentiero, è stato un po' più semplice scendere. Abbiamo visto un altro piccolo branco di camosci, e fatto qualche altra foto poco soddisfacente. Giunti quasi in fondo alla discesa, all'imbrunire, il Monte Marsicano e gli ultimi raggi solari ci hanno regalato alcuni scatti. Una meraviglia essere lì.
Avevo dimenticato a casa il 18-70. Il 10-20 era troppo largo per la scena, così mi sono dovuto accontentare del 300mm... la sommità del Monte Marsicano dipinta dagli ultimi minuti di luce...
Un dettaglio delle pareti rocciose del Marsicano...
Era quasi buio quando abbiamo raggiunto la Val Fondillo. Uno splendido intreccio di cascate roboanti prodotte da un torrente che scende dal Monte Amaro ha accolto il nostro ritorno. Purtroppo non c'era più né il tempo né la luce per riprenderle. Siamo tornati all'auto con la luna già un pezzo alta, un po' infreddoliti ma molto soddisfatti!
Un caro saluto e un ringraziamento a Marco (con la giacca rossa in questa immagine scattata in cima). Sono davvero contento di aver fatto la sua conoscenza!